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Nell’ambito della legislazione italiana, la proposta di legge riguardante il patentino per i cani ha suscitato un acceso dibattito. Presentata al Senato con il numero 1527, è stata assegnata alla 10° Commissione Affari Sociali. La normativa, intitolata “Norme specifiche per alcune tipologie di cani a tutela del loro benessere e della pubblica incolumità”, intende introdurre importanti modifiche nel trattamento degli animali domestici, ma solleva anche numerose perplessità.
La proposta e la sua struttura
Al centro della proposta vi è l’idea di una “save list”, che identifica razze canine da proteggere da gestioni inadeguate da parte dei proprietari. Tale formulazione indica che i cani elencati, nonostante la loro morfologia, possono trovarsi in situazioni di rischio a causa dell’incuria o della noncuranza dei loro conduttori. È fondamentale chiarire che il termine “salvare” non implica necessariamente un’azione di salvataggio fisico, ma si riferisce piuttosto a un tentativo di proteggere queste razze dall’abbandono.
Definizione di razza e pedigree
Secondo la proposta, i cani privi di un Certificato Genealogico o pedigree, rilasciato dall’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana (E.N.C.I.), non possono essere considerati “di razza”. Tale situazione solleva interrogativi riguardo alla definizione di razza, poiché numerosi cani, seppur appartenenti a razze riconosciute, potrebbero non disporre della documentazione necessaria per essere ufficialmente catalogati come tali.
Obblighi per i proprietari
Un aspetto cruciale della proposta è che i proprietari di cani appartenenti alla “save list” sono obbligati a seguire un percorso formativo. Al termine di questo corso, dovranno superare un test per ottenere il patentino, un certificato che attesta la loro preparazione e competenza nella gestione del proprio animale. Inoltre, è prevista una prova pratica, il test “Cae 1”, che verifica la capacità del cane di comportarsi in modo adeguato in contesti urbani.
Esenzioni per i cani di razza
Un punto controverso riguarda l’esenzione dall’obbligo di patentino per i cani registrati nel Libro Origini e dotati di pedigree. I proprietari di cani ufficialmente riconosciuti come “di razza” non saranno tenuti a seguire alcun corso di formazione. La logica dietro questa esenzione si basa sull’idea che la selezione genealogica possa garantire l’affidabilità e l’equilibrio di questi animali. Tuttavia, ciò solleva interrogativi sulla reale capacità dei cani con pedigree di essere meno suscettibili a problemi comportamentali rispetto a quelli senza.
Le conseguenze per i cani senza pedigree
La situazione attuale rischia di generare disparità significative nel trattamento dei cani. Gli animali privi di pedigree, pur appartenendo a razze riconosciute, potrebbero trovarsi in una posizione svantaggiata. Tale proposta sembra penalizzare questi cani, spesso già emarginati, poiché non possono essere formalmente definiti “di razza”. Questa discriminazione potrebbe comportare conseguenze devastanti sul loro benessere e sulla possibilità di adozione, con un aumento del numero di cani abbandonati o relegati in rifugi sovraffollati.
Un futuro incerto per i cani in difficoltà
Il rischio è che, senza una regolamentazione adeguata, molti cani finiscano per essere dimenticati. Il testo della proposta include anche un vago “divieto di cessione” per questi animali, sollevando ulteriori preoccupazioni sul loro destino. È lecito affermare che questa normativa, piuttosto che proteggere i cani, potrebbe relegarli in un limbo di abbandono e invisibilità, lontani dalla possibilità di trovare una casa amorevole.
La proposta di legge sul patentino per i cani merita una riflessione approfondita. È fondamentale garantire che tutte le razze siano trattate con equità, senza discriminazioni che possano compromettere il benessere degli animali. La società civile deve interrogarsi su cosa significhi davvero proteggere e salvare i cani, affinché il legislatore possa adottare misure più efficaci e giuste.
































