Analisi approfondita della proposta di legge sul patentino per cani in Italia: tutto quello che devi sapere

Esplora le polemiche associate alla proposta di legge sul patentino per i cani e analizza le ripercussioni sul benessere degli animali.

Nel mese di settembre, il Senato ha ricevuto una proposta di legge sul patentino per i cani, contrassegnata con il numero 1527 e assegnata alla 10° Commissione Affari Sociali. Questo disegno di legge, intitolato Norme specifiche per alcune tipologie di cani a tutela del loro benessere e della pubblica incolumità, ha sollevato interrogativi significativi riguardo ai criteri di inclusione e di esclusione previsti al suo interno.

Un punto centrale della proposta è l’introduzione di una cosiddetta “save list”, che comprende determinate razze canine. Questi animali verrebbero considerati meritevoli di protezione da gestioni inadeguate da parte dei loro proprietari, con l’intento di prevenire abbandoni e maltrattamenti. Tuttavia, è fondamentale chiarire che il termine “salvaguardare” fa riferimento a cani che, sebbene possano avere un aspetto morfologico riconducibile a una razza specifica, non possono essere legalmente classificati come “di razza” in assenza di un Certificato Genealogico o pedigree, rilasciato dall’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana (E.N.C.I.).

Le nuove responsabilità per i proprietari di cani

La proposta di legge stabilisce che i proprietari di cani appartenenti a queste tipologie di razze debbano completare un percorso formativo. Al termine di questo programma, i partecipanti saranno chiamati a superare un test per ottenere il patentino. Inoltre, è previsto un test pratico, denominato Cae 1, organizzato dall’E.N.C.I., che dovrebbe valutare l’affidabilità sociale del cane in ambienti urbani. Il superamento di tale prova rappresenterebbe una sorta di certificato di competenza per il binomio cane-conduttore.

Un’eccezione controversa

La proposta include un’eccezione significativa: i proprietari di cani registrati nel Libro Origini e muniti di pedigree sono esentati dall’obbligo di seguire il percorso formativo. Questa distinzione si basa sull’idea che i cani con pedigree, grazie alla loro selezione genealogica, siano automaticamente considerati più equilibrati e affidabili, quasi come se possedessero la capacità di difendersi da proprietari inadeguati.

Le conseguenze per i cani senza pedigree

La normativa in fase di approvazione potrebbe penalizzare gravemente i cani privi di pedigree. Questi animali, frequentemente ospitati in canili e già in cerca di adozione, potrebbero trovarsi in una situazione di ulteriore svantaggio. Saranno considerati di serie B, relegati a una condizione di invisibilità e incertezza, mentre le possibilità di trovare una famiglia si ridurrebbero ulteriormente. Il testo della proposta include anche un inquietante “divieto di cessione” per questi cani, il che potrebbe comportare un aumento della loro permanenza in strutture sovraffollate.

Riflessioni sulla tutela degli animali

La questione centrale riguarda chi si intende realmente proteggere con questa legge. Vi è una certa confusione tra la salvaguardia dei cani e la protezione della pubblica incolumità. È essenziale che la normativa non si traduca in discriminazioni inaccettabili, ma che miri a garantire il benessere di tutti gli animali, a prescindere dalla loro razza o genealogia.

È pertanto necessario avviare un dibattito approfondito per evitare l’approvazione di una legge che potrebbe rivelarsi inefficace o addirittura dannosa per il benessere degli animali. La società civile deve aspirare a una protezione che non escluda alcun cane, garantendo a tutti gli animali pari opportunità di vita e adozione.

Scritto da Staff

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